A proposito di un libro mai uscito
Pubblicato da Alessandra Nardon in Così tanto per dire... · 14 Marzo 2021
Tags: Harlem, Renaissance, Bennett, Huges, afroamericani
Tags: Harlem, Renaissance, Bennett, Huges, afroamericani

Il movimento ebbe anche
implicazioni politiche perché si legò ad organizzazioni già operanti che
sostenevano la causa dei neri d’America ma non raggiunse la portata di quello
degli anni Sessanta rimanendo un fenomeno perlopiù letterario e artistico.
Ciò che mi aveva colpito era
stato appunto lo sforzo e l’impegno di affermare i propri diritti attraverso la
costruzione di un’identità culturale. Un’operazione ambiziosa che nel suo
stesso porsi aveva forse i suoi limiti, quelli cioè di non parlare a tutti ma
di rivolgersi prevalentemente ad una élite di intellettuali ed artisti. Un
germe che, malgrado non ottenne forse i risultati sperati, lasciò qualcosa alle
generazioni successive e ai futuri movimenti di emancipazione della comunità
afro-americana.
Addentrandomi nella questione mi
colpiva sempre di più il carattere ambiguo della società americana rispetto
alla posizione che i neri occupavano (e occupano ancora, possiamo dire). Da un
lato una specie di integrazione con l’accesso all’istruzione (seppur limitata
nella frequentazione di alcune scuole) e a professioni anche di prestigio come
l’avvocatura o l’insegnamento; dall’altro la sopravvivenza, dopo la fine della
schiavitù, di fenomeni di emarginazione quando non anche di brutale ostilità
come le famigerate leggi jim crow che
molti stati adottarono o, nei casi più estremi, di suprematismo bianco che
manifestava tutta la sua violenza nella pratica dei linciaggi.
Società poliedrica, complessa,
forse ipocrita dove l’essere WASP (White Anglo-Saxon Protestant) costituiva un
titolo di merito ma nello stesso tempo voleva mostrare la sua faccia
progressista con il miraggio del “self-made man”, una formula che
apparentemente offre a tutti quelli che hanno le doti necessarie l’opportunità
di determinare il proprio futuro. L’opportunità, appunto, ma c’è da chiedersi
quali opportunità ti vengono date quando sei relegato nelle parti marginali
della società. Quando anche i locali pubblici, dove tu, nero ti esibisci
portando le “tue doti”, il tuo talento, sono interdetti ad altri neri come te: “white
only” c’è scritto sulla porta. Ma non serve che ci sia scritto, lo sai perché è
questo l’ordine sociale e quello è non è il tuo posto.
Dov’è il posto per un bambino
nero? Scriverà Langston Huges nella sua poesia “Merry-Go Round”. Merry-Go-Round
è una di quelle giostre circolari, la metafora del mondo, dove non c’è un davanti
né un dietro e la domanda dove sia il posto per quel bambino su quella giostra si
svuota di senso.
Tutte queste cose mi hanno
interessato nel lungo lavoro che ho fatto ma non ho trovato condivisione né
grande interesse. Forse l’argomento è troppo limitato, surclassato dal ben più
ampio movimento degli anni Sessanta, forse l’interesse si svilupperà in futuro.
Forse non sono riuscita a trasmettere la portata della “rinascenza di Harlem”
come avrei voluto. Comunque sia quel lavoro sta lì, in attesa.
Mi piace terminare questo
racconto con la dedica che Gwendolyn Bennett fece presentando una sua poesia
nella serata memorabile al Civic Club, la poesia, divenuta poi famosa, si
intitola To Usward, ed è una specie
di manifesto:
“Dedicata a tutti i negri
conosciuti e sconosciuti che hanno una canzone da cantare, una storia da
raccontare o una idea per i figli della terra.”
Ecco, dedicata a tutti quelli che
ancora vivono in una condizione di soggezione affinché si possano sentire le
storie che anche loro hanno da raccontare.
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recensioni
Alessandra Nardon
16 Mar 2021
E' un piacere per me condividere... A presto!
Sandra Zeugna
16 Mar 2021
Grazie per la condivisione di questa ricerca. L'ho trovata un'opportunità per ampliare le mie conoscenze.