Scritti corsari di Pier Paolo Pasolini
Pubblicato da Alessandra Nardon in Recensioni libri · 4 Marzo 2022
Tags: Pasolini, fascismo, scritti, corsari, pandemia
Tags: Pasolini, fascismo, scritti, corsari, pandemia
Leggere o rileggere oggi Scritti corsari di Pier Paolo Pasolini a
cento anni dalla sua nascita e, soprattutto, a quasi cinquanta dalla sua morte
è un esercizio di realtà e concretezza. Mutate alcune circostanze contingenti
(referendum, compromesso storico, diatribe tra cultura e lingua “alta” e
“bassa” ecc.) e sostituiti i nomi della “vecchia” politica con quelli attuali,
molte delle situazioni paiono sostanzialmente immutate e sovrapponibili a
quelle del giorno d’oggi. L’analisi pasoliniana sembra protendersi nel tempo e
abbracciare molti aspetti della nostra storia presente e non a caso si parla
spesso di visione profetica riferendosi al suo pensiero.
Mi vorrei riferire, tra i temi
trattati nella raccolta di scritti e interviste, al timore della riproposizione
del fascismo che, evidentemente, ha costituito un motivo ricorrente all’attenzione
dell’opinione pubblica.

Pasolini, dopo aver definito
l’antifascismo presente come “archeologico” un “pretesto per procurarsi una
patente di antifascismo reale” perché “dà battaglia o finge di dar battaglia a
un fenomeno morto e sepolto, archeologico, appunto (…)”, passa a dire ciò che
invece è il “ vero fascismo”. Prima però di riportare quanto scrive nel suo scritto
Fascista che riguarda una intervista
rilasciata a Massimo Fini, è necessario spiegare perché per Pasolini quel
fascismo è “morto e sepolto”. Egli sostiene che una personalità come quella di
Mussolini al giorno d’oggi (siamo negli anni Settanta) non potrebbe più
incantare le masse non solo “per la nullità e l’irrazionalità di quello che
dice” ma anche perché “non troverebbe nessuna credibilità nel mondo moderno”. E
qui sta proprio la tesi che Pasolini intende sostenere. Come e perché è
cambiato questo mondo moderno? Perché quelle teorie non possono più far presa?
Cosa le ha sostituite?
Pasolini individua il nuovo
fascismo nella società dei consumi. Detta così, a noi che siamo completamente
immersi in essa, sembra una forzatura, una boutade
da intellettuale. Ma Pasolini aveva visto lungo e gli ultimi risvolti che la
nostra società ha assunto lo confermano. Cercherò di spiegarmi ricorrendo
ancora una volta alle parole di Pasolini.
Egli sostiene che il fascismo
aveva reso le persone e in giovani in particolare “dei pagliacci, dei servi, e
forse in parte anche convinti, ma non li aveva toccati sul serio, nel fondo
dell’anima, nel loro modo di essere”: un’affermazione forse non pienamente
condivisibile ma che ha una certa consistenza, ciò che invece convince di più
sono le frasi seguenti: “Questo nuovo fascismo, questa società dei consumi,
invece, ha profondamente trasformato i giovani, li ha toccati nell’intimo, ha
dato loro altri sentimenti, altri modi di pensare, di vivere, altri modelli
culturali. Non si tratta più, come all’epoca mussoliniana, di una
irreggimentazione superficiale, scenografica, ma di una irreggimentazione
reale” che, aggiunge con il tocco del letterato, “ha rubato e cambiato loro
l’anima”. E conclude: “Insomma se la parola fascismo significa la prepotenza
del potere, la società dei consumi ha bene realizzato il fascismo.”
Visione profetica, si è detto.
Ecco, proprio in questi tempi assistiamo al fatto che il diritto al consumare
ha subordinato tutti gli altri diritti fondamentali. L’introduzione del
“tesserino verde” o green pass,
piegando ai propri fini una situazione pandemica, non ha infatti incontrato
troppi ostacoli da parte della popolazione perché il cittadino aveva già perso
la sua prerogativa di cives ed era
già stato educato ad essere consumatore. Ora i termini del ragionamento sono
chiari: il tuo valore all’interno della società è definito dai tuoi consumi, il
green pass ti permette di consumare,
dunque è perfettamente legittimo accettarlo come un dato di fatto. Quello che
non viene compreso o si vuole non comprendere è l’infondatezza del
provvedimento che pretendeva di basarsi su criteri scientifici e di
salvaguardia della salute pubblica. E ormai non è neanche necessario smontare
queste tesi perché sono state dichiarate infondate anche dagli stessi sostenitori
del provvedimento. Dunque cosa resta?
Scrive ancora Pasolini: “secondo
me la vera intolleranza è quella della società dei consumi, della permissività
concessa dall’alto, voluta dall’alto, che è la vera, la peggiore, la più
subdola, la più fredda e spietata forma di intolleranza. Perché è intolleranza
mascherata da tolleranza. Perché non è vera. Perché è revocabile ogniqualvolta
il potere ne senta il bisogno. Perché è il vero fascismo da cui viene poi
l’antifascismo di maniera: inutile, ipocrita, sostanzialmente gradito al
regime.”
Cosa resta? Restano brandelli di
diritti conculcati, discriminazione, intolleranza e odio, spregio per
l’esercizio democratico del potere. Restano le macerie di una società.
Concludo dicendo che adesso che
siamo nel tempo delle ipocrite commemorazioni sarebbe davvero banale suggerire
questi argomenti all’esame di maturità da quest’anno rivestito di “rigore e
serietà” e quindi non credo che Pasolini verrà proposto. Ma non è mai detto
perché le vie del conformismo tracciano percorsi tortuosi per arrivare allo
stesso punto di partenza e, soprattutto, sono infinite…
P.P. Pasolini, Scritti corsari, Garzanti, Milano, 2000.
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